Il futuro delle case ecologiche può essere italiano? Forse si, forse no. Infatti, se da un lato esistono eccellenze produttive nel campo della bioedilizia, della progettazione e realizzazione di case ecosostenibili e di unità abitative ad emissioni zero, dall’altro esistono vuoti normativi, regolamenti obsoleti e forse alcuni interessi di carattere lobbistico che rischiano di impedire uno sviluppo a trecentosessanta gradi del concetto di casa ecologica.
Un esempio su tutti è quello delle case di paglia, antico metodo costruttivo inventato negli Stati Uniti nel 1800 e recuperato a partire dal 1950 anche in Europa (soprattutto in Inghilterra); tale tecnologia costruttiva prevede l’utilizzo degli scarti di lavorazione dei cereali per realizzare vere e proprie balle autoportanti che legate insieme con apposite cinghie e quindi intonacate vanno a costituire un edificio ad impatto zero sull’ambiente, soprattutto nel caso in cui l’intonacatura venga realizzata con i vecchi metodi tradizionali, a calce o a terra.
Purtroppo la normativa italiana non prevede la paglia come materiale da costruzione e coloro che cercano di rilanciare questo tipo di edilizia si trovano di fronte a situazioni paradossali, come il dover rivestire di legno le balle di paglia così da rientrare nelle maglie della legge, perdendo però in qualità del prodotto ed aumentando considerevolmente i costi.
Ci auguriamo che nel prossimo futuro si possa giungere ad un sistema di norme che consenta all’imprenditoria italiana di poter eccellere senza limitazioni nell’importantissimo campo dell’edilizia ecologica.