Fin dal periodo della prima crisi petrolifera negli anni ’70 del secolo scorso, è cominciata una ricerca sempre più intensa e sempre più estesa delle forme di abitazione in grado di ridurre in modo evidente il consumo di combustili fossili, garantendo un risparmio enegetico che fosse salutare per il portafoglio e per l’ambiente (anche se non sempre in quest’ordine).
Gli sperimentatori più “radicali” furono da tutto principio svedesi, tedeschi ed austriaci il cui pensiero portò alla fine degli anni ’80 all’introduzione del concetto di casa passiva, ossia di un’abitazione che fosse in grado di produrre e mantenere al proprio interno almeno la stessa quantità di calore che viene persa dall’involucro esterno, soprattutto nei mesi freddi.
La casa passiva si è dunque evoluta intorno alla ricerca delle migliori tecniche costruttive per avvicinarsi il più possibile a questo pareggio di bilancio energetico e da tale percorso si sono sviluppate pompe di calore accoppiate a impianti di ventilazione controllata, murature perimetrali ad elevatissima efficienza isolante e particolari infissi a alte prestazioni per le porzioni fenestrate delle abitazioni.
Il sistema di riscaldamento della casa passiva si basa infatti principalmente sulla capacità di dirigere l’aria calda prodotta dall’unica fonte di calore (spesso una caldaia a pellet) verso tutti i punti dove esso è necessario, impedendone il ristagno in zone di scarsa necessità ed il sistema di ventilazione a recupero di calore utilizza l’aria estremamente calda proveniente da alcuni locali della casa (es. cucina e bagno) per scaldare l’aria fredda proveniente dalle altre stanze.