La ricerca di materiali sempre più efficienti da un punto di vista energetico è uno dei mercati legati all’edilizia che sembra non soffrire di alcun tipo di crisi: innovazioni tecnologiche compaiono infatti sul mercato con ritmo quasi quotidiano, offrendo strategie sempre nuove per migliorare le nostre abitazioni.
Una delle tecnologie sulle quali i produttori stanno maggiormente investendo è quella legata all’utilizzo dei materiali a cambiamento di fase, inizialmente sviluppati dalla NASA e caratterizzati dalla capacità di passare dallo stato solido a quello liquido mantendo il calore necessario alla transizione e rendendolo dunque disponibile per il bilanciamento termico dell’ambiente circostante.
Attualmente i materiali a cambiamento di fase maggiormente utilizzati in edilizia sono esenzialmente tre:
- paraffine
- idrocarburi
- sali idrati
che vengono messi in opera attraverso incapsulamento in matrici di contenimento per evitare problemi durante la permanenza in fase liquida.
I materiali a cambiamento di fase hanno il grande vantaggio di essere piuttosto facilmente reperibili e di fornire buoni risultati nella riduzione dei costi di raffreddamento e riscaldamento delle unità immobiliari, ma presentano ancora alcune problematiche legate principalmente a:
- infiammabilità della paraffina: caratteristica che ne impone un utilizzo quantitativamente ridotto;
- mancanza di affidabilità a lungo termine: non esiste garanzia che all’aumentare del numero di cicli di transizione di fase la capacità termica rimanga invariata.
Vuoi scoprire quali sono i materiali a cambiamento di fase per l’edilizia? Sono materiali, sintetizzati anche dall’acronimo PCM (phase change material), caratterizzati dall’accumulazione di calore latente, che sfruttano il fenomeno della transizione di fase al fine dell’assorbimento dei flussi energetici entranti.
Tale processo conduce all’immagazzinamento di un’elevata quantità di energie, lasciando invariata la temperatura del materiale. Ciò fa sì che i materiali a cambiamento di fase siano solidi a temperatura ambiente, mentre quando questa sale e supera un certo livello, che varia in base al materiale stesso, tendono a liquefarsi, accumulando calore sottratto all’ambiente.
I primi sviluppi dei materiali a cambiamento di fase sono tributati alla NASA, mentre da alcuni anni sono in fase di studio progetti di implementazione ai fini di un’architettura eco-sostenibile. Utili, in modo particolare, nell’ambito del risparmio energetico.
Giungono i primi risultai positivi dalla sperimentazione di pannelli in cartongesso o in legno, intonaci, sistemi di facciata vetrati, isolanti termini, impianti di riscaldamento e di raffreddamento passivo, collettori solari e scambiatori di calore.
I materiali termoregolanti costituiscono una risorsa fondamentale per lo sviluppo della tecnologia innovativa nella progettazione di edifici. La ragione? Semplice, sono un valido sistema per smussare le fluttuazioni giornaliere della temperatura ambiente attraverso la riduzione dei picchi di temperatura interna. Con la conseguente diminuzione dei consumi energetici necessari alla climatizzazione degli ambienti.
Quali sono i requisiti dei materiali a cambiamento di fase?
- Una temperatura di fusione intorno al 25°C
- Un elevato calore di transizione di fase
- Un basso costo
- Non essere tossico, corrosivo o igroscopico
- La disponibilità sul mercato in quantità tali da poter essere incorporato nei normali materiali edilizi.